Errori e lingue
Una conversazione con Veronica Repetti (@Linguisticattiva)
Ciao! Stai leggendo la newsletter della Matita Rossa, ovvero: quello che accade quando chi lavora ai libri decide di mostrare cosa c’è dietro. Questo è il numero #7, i precedenti li trovi nell’Archivio.
Una lettera di troppo
Quando ho iniziato a occuparmi dei canali social della Matita Rossa, mi è stato sin da subito raccomandato di fare attenzione a non commettere errori linguistici. La Matita è uno studio editoriale, lavora con le parole nel modo più concreto: sarebbe molto out of character se comparissero errori ortografici o sintattici di qualunque tipo.
Eccoci qua. Per il magico fenomeno per cui, dopo aver scritto un testo (o montato un video, in questo caso), si diventa ciechi di fronte ai refusi più lampanti, “a posto” era diventato “apposto” e io mi sono data una manata sulla fronte.
Forse una svista, comunque un errore
L’Accademia della Crusca non transige: “apposto”, con il significato di “in ordine”, è un errore ortografico riconducibile al raddoppiamento fonosintattico proprio di diverse parlate regionali. Eppure, nella comunicazione informale è largamente usato. Cos’è allora che determina la gravità di un errore? E, soprattutto, un errore è davvero sempre un errore o è una spia mal interpretata del cambiamento connaturato alla lingua?
Abbiamo avuto il piacere di chiederlo a Veronica Repetti, linguista appassionata, divulgatrice ironica e autrice orgogliosa di Il giro del mondo in 80 lingue (La Matita Rossa si è occupata dello scouting e ha seguito l’autrice in fase di editing; il libro è stato pubblicato da Ponte alle Grazie.)
Ci leggiamo,
Luisa
Partiamo proprio dalle basi. Cosa si intende davvero per errore linguistico?
Diciamo che dipende: in linguistica un errore esiste solo contrapposto a una norma, che può essere prescrittiva (un po’ come se si trattasse di un regola giuridica) oppure descrittiva, che evidenzia invece la media statistica, per cui l’uso più condiviso dai parlanti. Gli errori quindi sono tali se contravvengono a una di queste due prospettive normative.
In che modo differisce la concezione di errore di una persona comune da quella di un linguista?
Il linguista sa che esistono due prospettive, mentre spesso il parlante comune conosce consciamente solo la visione prescrittiva, che dipende ovviamente dagli istituti scolastici e dal concetto di grammatica come “qualcosa cui stare attenti”.
Un errore è tale perché differisce da uno standard, ma parliamo sempre di uno standard puramente grammaticale?
Anche qui, dipende cosa intendiamo. Intanto gli errori “grammaticali” possono articolarsi in errori fonetici, morfologici, sintattici, ecc. toccando diverse branche dell’analisi del linguaggio. Tuttavia non è raro incontrare anche “errori” pragmatici, quindi relativi a un contesto di comunicazione, in cui magari ci sono delle norme sociali implicite che richiedono un certo tipo di eloquio.
Spesso un accento, un congiuntivo mancato o un regionalismo vengono mal giudicati e scherniti. Quanto l’idea di errore linguistico è in realtà legata a dinamiche di potere e pregiudizio sociale?
La dicotomia giusto/sbagliato è così insita nella nostra cultura che non stupisce che ci si fossilizzi così tanto anche linguisticamente parlando. E ovviamente sì, l’asprezza delle critiche deriva spesso da snobismi inconsci, perché esistono errori che sono maggiormente sanzionati di altri, tanto quanto esistono errori che invece passano sotto silenzio, perché percepiti come meno gravi. Il problema è che fare una vera classifica degli errori è un po’ complesso e i criteri comuni non sono sempre logici.
Nonostante l’esistenza di istituzioni che vigilano sul suo stato e sulla sua conservazione, una lingua non è un pezzo da museo, posto dietro una teca di vetro. È viva, fluida, e muta insieme ai suoi parlanti. Tenendo conto di questo aspetto, come considerare allora gli errori?
Gli errori possono essere fonte di evoluzione nelle lingue, a seconda della loro espansione nell’uso comune, che li rende man mano meno marcati e quindi progressivamente assorbiti nella norma statistica. Non c’è però un modo certo per predire quali errori avranno successo e quali resteranno confinati nell’antro delle cose da sanzionare.
Il giro del mondo in 80 lingue è da circa un mese nelle librerie di tutta Italia. Innanzitutto, ancora complimenti! Ci racconti di come si articola questo lungo viaggio tra le lingue del mondo?
Intanto, grazie. Il mio è un saggio narrativo, al cui interno si trovano (dis)avventure, aneddoti, curiosità e riflessioni sulla diversità linguistica mondiale. Lo si può sicuramente leggere a livelli di approfondimento differenti.
Durante la ricerca per Il giro del mondo in 80 lingue, ti è capitato di incorrere in modi di dire entrati nell’uso comune che si sono generati a partire da una forma sbagliata?
La storia linguistica di ogni paese è costellata da questo tipo di mutamenti: basti pensare che spesso la grafia resta letteralmente indietro rispetto alla fonetica, come è successo ad esempio in francese e in inglese, in cui la corrispondenza tra pronuncia e scritto è così evidente proprio perché il parlato è galoppato in avanti rispetto alle norme ortografiche, in un certo senso a suon d’errori. In ambito italiano possiamo pensare a “finire sul lastrico”, che in realtà era sull’astrico, dal momento che la parola d’origine del latino medievale era astracum. Poi, a forza di dirla accostata all’articolo determinativo, è cambiata anche la grafia. E poi, anche se dovrebbe essere scontato dirlo, se non ci fossero stati mutamenti linguistici spontanei parleremmo ancora latino!
Parlaci invece del processo di scrittura. Come lo hai affrontato?
Vorrei dire che l’ho affrontato una pagina alla volta, ma in realtà non sono il tipo e infatti sarebbe una bugia: l’ho affrontato non riuscendo a scrivere niente per settimane, per poi esplodere in folli sessioni da 10 ore in cui buttavo giù un capitolo intero. Niente di diverso da come affronto la mia vita, insomma.
Com’è stato trasportare lo stile ironico e tagliente che contraddistingue la tua divulgazione social in un media tradizionale come il libro stampato?
C’è voluto un po’ di lavoro. Il mio stile di scrittura è sempre stato volto all’ironia, ma grazie a un’editor come Rossella sono riuscita a capire (spero!) come dosare il tutto per renderlo fruibile, ma non esasperato.
Dopo Unfluencer. Riflessioni utili per un web consapevole, nato dall’unione di più voci e saperi, Il giro del mondo in 80 lingue è, a tutti gli effetti, la tua prima esperienza da scrittrice “in solitaria”. Come hai vissuto il processo di editing rispetto alla prima volta?
Questa volta sono stata decisamente più seguita. La prima volta ho consegnato il mio capitolo e ho ricevuto giusto qualche suggerimento, ho approvato e siamo andati in stampa. L’editing de Il giro del mondo in 80 lingue è stato più studiato, più cesellato su di me, sulle mie esigenze e anche sulle mie debolezze. Intanto abbiamo discusso anche e soprattutto prima di scrivere e poi c’è stato un dialogo vero e proprio, che andava decisamente oltre alla semplice “correzione”. Sono grata di questa seconda esperienza, che credo mi abbia permesso di crescere molto nello stile espositivo.
Dopo questa esperienza, ti immagini di continuare a scrivere libri? E se sì, su quale tema ti piacerebbe cimentarti la prossima volta?
Be’, lo spero! Scrivere è sempre stato il mio sogno, fin da bambina, e ora che ho cominciato vorrei evitare di smettere subito. Ho tante idee in testa: quello che posso dire è che potrei passare dal “mondiale” al “locale”.
Ti andrebbe di ricordare a chi ci legge quando e dove saranno le prossime presentazioni in programma del libro?
Certo!
Il 19 ottobre a Strambino (TO) in occasione di Strambinaria, con un monologo sulla diversità linguistica
Il 30 ottobre a Roma presso la libreria Borri Books alla stazione Termini, in compagnia di Andrea Nuzzo (@nootso_)
Il 5 novembre a Trieste presso la libreria la libreria Lovat
L’8 novembre a Torino presso il Wabi Aikido House in compagnia di Lucia Traina (@_lucia_traina_)
Il 19 novembre a Genova presso il festival Parole Spalancate in compagnia di Filippo Domaneschi
Postilla: corsi in chiusura alla Matita Academy
La revisione delle traduzioni – tre lezioni e un esercizio per conoscere e imparare il mestiere del revisore di traduzioni con Thais Siciliano, traduttrice editoriale. Le iscrizioni chiudono il 7 novembre.
Il lavoro dell’editor – percorso in quattro lezioni e un esercizio di editing formale per scoprire cosa significa editare un testo con Chiara Girolami, Alessandra Minervini, Leonardo Ducros e Thais Siciliano. Le iscrizioni chiudono il 14 novembre.
Editoria e intelligenza artificiale – un corso di Rossella Monaco e Gianmarco Rizzo per affrontare i vantaggi e i limiti dell’intelligenza artificiale applicata all’editoria e alla comunicazione, tra esempi pratici, esercitazioni e strumenti utili. Le iscrizioni chiudono il 28 novembre
Vogliamo che l’editoria sia una realtà accessibile. Dunque, se hai suggerimenti sugli argomenti da trattare, domande su cosa facciamo e/o sui nostri corsi, scrivi pure a ufficiostampa@lamatitarossa.it.



